FÁ CCÓM’I MÀTTI
DA GÉLLO
(Fare come i
matti da Gello), cioè essere completamente pazzi. Il modo di dire trae origine
da un racconto di A. Bandini (1923) che si può riassumere così: i sette matti
da Gello, tornando una sera da Banzana, videro in un trogolo l’immagine
riflessa della luna e pensarono di rubarla ai banzanesi. Così, dopo aver
coperto il trogolo, se lo caricarono sulle spalle, ma giunti al Fosso dei
mulini, scoperchiato il trogolo, si accorsero che la luna era sparita e pensarono
che qualcuno gliela avesse rubata. In quel momento passava di lì un povero
mugnaio che tornava a casa e che fu ritenuto l’autore del furto e bastonato di
santa ragione. Il mugnaio insisteva nel dire che lui non era stato, che non
c’entrava niente con il furto, poi capì con chi aveva a che fare e disse loro
che avrebbero potuto recuperare la luna se lo avessero seguito fino in cima al
monte. Arrivati sulla cima e scoperchiato il trogolo, la luna si specchiò di
nuovo sull’acqua del trogolo, così il mugnaio fu lasciato andare e potè
tornate alla sua casa. Fà = infinito
breve di fàr. [C]cóme = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente
segue rc > cc. Pron. fa kkóm’i
matti da Jélló.
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