domenica 9 ottobre 2016

tavola dei fenomeni più comuni del dialetto aretino

TAVOLA DEI FENOMENI
PIÚ COMUNI DEL DIALETTO ARETINO

AFERESI  soppressione di una vocale o sillaba iniziale. Es: inghiotta > ’nghiotta.
APOCOPE  caduta della vocale finale e a volte anche della consonante precedente. Es: pari > par.
ARMONIA VOCALICA  l’aretino predilige all’interno di una parola suoni identici o simili, soprattutto nei diminutivi. Es: italiano fiore > fiorellino, aretino fiore > fiurillino.
ASSIMILAZIONE  processo per cui un suono si avvicina o si identifica con quello che lo precede o lo segue. Es: cendere > cennere.
CONCREZIONE  saldatura di due parole che formano una sola unità. Es: e sai > essè.
CRASI  fusione di due parole. Es: Amba Aradam > Ambaradam.
DEGEMINAZIONE  eliminazione di una consonante doppia. Es: babbo > babo.
DESONORIZZAZIONE  passaggio di una consonante da sonora a sorda. Es: guaderno > quaderno.
DISSIMILAZIONE  processo per cui due suoni simili o identici si trasformano in suoni diversi. Es. cennere > cendere.
ELISIONE  caduta della vocale finale di una parola di fronte alla successiva che inizia per vocale. Es. bere acqua > ber’ acqua.
EPENTESI  introduzione di uno o più suoni all’interno di una parola. Es: bernoccolo > birignoccolo.
ESTRATTO  parola estratta da un’altra. Es: concio da conciato.
EUFEMISMO  sostituzione di una parola con un’altra alterata o attenuata. Es. accidenti > acciderba.
FONOSIMBOLICO/A  attinente a voci che, invece di rappresentare suoni come le onomatopee, alludono a fatti concreti o qualità astratte. Es. gnignero = ingegno.
GEMINAZIONE  raddoppiamento di una consonante. Es: babo > babbo.
ILLATIVO  (prefisso) che enuncia una deduzione o conseguenza. Es: infurcinata da furcina.
LENIZIONE  passaggio di una consonante da sorda a sonora. Es. quaderno > guaderno.
METATESI   scambio  di  suoni  all’interno di  una  parola. Es:
dentro > drento.
METAPLASMO  cambio di declinazione. Es: mano > mana.
ONOMATOPEICO/A  termine formato su suoni. Es. ciaccia da una seria cia...cia.
PARAGOGE  aggiunte di suoni o sillabe in fine di parola. Es. farà > farae.
POSTONICA (vocale) vocale che si trova dopo quella accentata.
PREFISSO  fomema che si premette ad una parola. Es: rimettere, ri è il prefisso, mettere la parola.
PROSTETICO/A  che si premette all’iniziale di una parola. Es: radio > aradio.
PROTONICA (vocale)  vocale che si trova prima di quella accentata.
ROTACISMO  passaggio di l ad r. Es: caldo > cardo.
SINCOPE  caduta di un suono all’interno di una parola. Es. guaitare > guatare.
SUFFISSO  elememto morfologico che si aggiunge alla radice. Es: seminatore. Semina è la radice, tore è il suffisso.
TONICA (vocale) vocale su cui cade l’accento.

tavola dei simboli fonetici

TAVOLA DEI SIMBOLI FONETICI
Per la pronuncia delle peculiarità fonetiche aretine sono stati adottati i seguenti simboli:
é = E chiusa dell’italiano pera
è = E aperta dell’italiano mesta 
ò = O aperta dell’italiano porto
ó = O chiusa dell’italiano come
k = C velare dell’italiano casa, chiesa, quadro
ȼ = C fricativa sibilante suono simile a sc dell’italiano pesce.
c = C dolce dell’italiano cece
č = c con pronuncia occlusiva postpalatale sorda
ḓ = D con pronuncia occlusiva postpalatale sonora
g = gutturale dell’italiano gatto
ĝ = G con pronuncia occlusiva postapalatale sonora
j = G fricativa sibilante sonora del francese jardin
ľ = L laterale prepalatale con suono gl di famiglia
s = S sorda dell’italiano senso
ʃ = S sonora dell’italiano sdebitare
ṱ = T con pronuncia occlusiva postpalatale sorda
z = Z sorda dell’italiano zio
ʑ = Z sonora dell’italiano zanzara
Dove non è segnalata la pronuncia si intende che è identica a quella italiana. Delle vocali E ed O sono sempre riportate le pronunce, per essere aperte o chiuse. Ugualmente per le con- sonanti S e Z per essere sorde o sonore.

a duralla disse quel canino

A DURÀLLA, DÌSSE QUÉL CANÌNO

(Speriamo che duri, disse quel canino).  La frase si usa quando si vive una situazione troppo bella perché possa durare. Duràlla =  formato da duràr’ e la con assimilazione rl > ll. Pron. a duralla, dissé kuél kaninó.


aè ggrandigia

AÉ GGRANDÍGIA


(Avere manie di grandezza). È un modo di dire in aretino stretto. = forma breve e sincopata di avér. [G]grandìgia = derivato da grande sul modello ingordo > ingordigia. Quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rg  > gg. Pron. aé ggrandija.

aé lla botteg' aperta

AÉ LLA BOTTÉG’APÈRTA


(Avere la cerniera dei pantaloni aperta). È una frase sempre pronunciata con tono ironico anche perché legata all’altro modo di dire gàbbi’apèrta, ucèllo mòrto che è come dire se la gabbia è aperta vuol dire che l’uccello che stava dentro è morto, quindi sessualmente non più utilizzabile. = forma breve e sincopata di avér. [L]la = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rl > ll. Bottéga = la parola è qui usata in senso metaforico. Ucèllo = la mancanza di una c si spiega con il fenomeno della degeminazione. Pron. aé lla bóttég’apèrta.

aé lla parlantina

AÉ LLA PARLANTÌNA

(Parlare a lungo, in modo svelto e non sempre in modo del tutto comprensibile). Si dice in genere di chi parla troppo o di chi ha bevuto ed ha la lingua sciolta. = infinito breve e sincopato di avér. [L]la = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rl > ll. Il verbo avere ha una coniugazione propria (per approfondimenti puoi consultare I verbi nell’uso aretino dello stesso autore). Parlantìna = loquacità. Pron. aé lla parlantina.

aé lla sciolta

AÉ LLA SCIÒLTA


(Avere il corpo sciolto). È un modo di dire che proviene dal mondo contadino del passato, quando avere il corpo sciolto accadeva molto di frequente poiché non esistevano ancora i frigoriferi ed era difficile conservare il cibo in modo corretto, ma era un mondo povero dove non si poteva buttare niente e tutto veniva riciclato. Aè = forma breve e sincopata di avér. [L]la = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rl > ll. Sciòlta = diarrea, deverbale dal verbo aretino sciòrre = sciogliere. Pron. aé lla sciòlta.

aé lla testa busa

AÉ LLA TÈSTA BÙSA


(Avere la testa bucata) nel senso di vuota, quindi capire poco o niente. Si usa come insulto o forma di commiserazione. = forma breve e sincopata di avér. [L]la = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rl > ll. Bùsa = variante di buca. Pron. aé lla tèsta buʃa.

aé lle fisime

AÉ LLE FÌSIME


(Avere manie o fissazioni). È un modo di dire espresso in aretino stretto. Si dice di chi ha un comportamento che esula dalla norma, ha idee strane per la testa, è asfissiante e noioso. = forma bre ve e sincopata di avér. [L]le = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rl > ll. Fìsime = Il significato del modo di dire è dovuto all’etimologia della parola che si fa derivare o dal greco phìsema = cosa gonfiata, o dal verbo fisare = avere un’idea fissa. Pron. aé llé fiʃimé.

aé lle gamb' a ocio

AÉ LLE GÀMB’ A ÓCIO

(Avere le gambe come un papero), cioè corte e storte. Gli aninali entrano spesso nei modi di dire aretini: i loro difetti e i loro pregi sono trasferiti sulle persone. = infinito breve e sincopato di avér. [L]le = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rl > ll. Ócio = papero. Parola tipicamente aretina derivata direttamente dal latino auca = oca. Il processo che ha portato alla formazione della parola ocio è il seguente: latino auca > aretino oca > maschile oco > plurale oci > singolare ocio. La parola oca è pochissimo usata in aretino sostituita quasi sempre da nàna dal latino anas con n prostetica e apocope di s. Pron. aé llé gamb’a óȼió. 

aé lle gheghe

AÉ LLE GHÉGHE



(Avere voglia di scherzare, giocare). È un modo di dire espresso in aretino stretto, molto in voga in passato, oggi poco usato. = infinito breve e sincopato di avér. [L]le = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rl > ll. Ghéghe = termine toscano per scherzo, gioco. Pron. aé llé ghéghé.

aé ll' occhi com' uno zappone

AÉ LL’ÒCCHI CÓM’UNÓ ZAPPÓNE



(Avere gli occhi come una grossa zappa). È un modo di dire in aretino stretto che si usa in senso figurato. Si dice di chi ha scarsa capacità di valutazione. Aé = infinito sincopato e breve di avér. [L]le = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rl > ll. [L]l’ = gli. In aretino si usa anche quando la parola che segue inizia con la vocale o. È la forma apocopata dell’antico articolo li. Òcchi = il gruppo cchi ha pronuncia occlusiva postpalatale sorda. Zappóne = grossa zappa. Pron. aé ll’òčči kómé’ unó zappóné. 

aé ll' usci' e 'l malann' adosso

AÉ LL’ÙSCI’ E ’L MALÀNN’ADÒSSO

(Avere l’uscio e il malanno addosso). È un modo di dire in aretino stretto usato in senso figurato. Si dice con tono disperato o rassegnato quando ad un male ne segue un altro. = forma breve e sincopata di avér. [L]l’ = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rl > ll. Uscì’ = apocope di uscio. In aretino è sempre preferito a porta. ’L = aferesi di el, tipico articolo aretino per il. Malànn’ = apoco pe di malanno. Adòsso = addosso: in questa parola la d è sempre pronunciata degeminata. Pron. aé ll’usci’ é ’l malann’adòssó.

aenn' a bizzeffe

AÉNN’A BIZZÈFFE

(Averne  in abbondanza). È una frase espressa in aretino stretto. Aénne = forma sincopata e breve di averne. Quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rn > nn. Bizzèffe = l’origine della parola non è molto chiara: per un certo tempo si è ritenuto che fosse l’abbreviazione della formula latina fiat, fiat. Quando un postulante chiedeva una grazia, se il magistrato preposto la concedeva, scriveva sul documento f,f come abbreviazione di fiat, fiat, cioè sia sia, ovvero scriveva due effe che in latino si dice bis effe. Oggi l’interpretazione più corrente è che derivi dall’arabo bizzef = molto. C’è anche l’espressione analoga aénn’a ciànfo. Ciànfo = è una variante di sciampio, dal verbo sciampiare = sparpagliare. Pron. aénn’ a biʑʑèffé, a ȼianfó.

aenn' un zacc' e 'na sporta

AÉNN’UN ZÀCC ’E ’NA SPÒRTA

(Averne un sacco e un paniere). È un modo di dire in aretino stretto. Si dice di tutto ciò che abbonda. Aénne = forma sincopata e breve di averne. Quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rn > nn. Zàcc’ = apocope di sacco. La z si deve al fatto che in aretino i gruppi ls, ns, rs sono sempre pronunciati lz, nz, rz. Spòrta = in aretino stretto si usa anche per indicare la borsa della spesa. Pron. aénn’un zakk’é ’na spòrta.


aé ppaura de la gatta 'gnuda

AÉ PPAÙRA DE LA GÀTTA ’GNÙDA


(Avere paura di qualcosa che non esiste). Si dice con tono ironico o di rimprovero a chi si inventa pericoli inesistenti. = infinito breve e sincopato di avere. [P]paùra = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rp > pp. De = tipica preposizione aretina per di. ’Gnùda = forma aferetica di ignuda. Gàtta gnùda è una metafora per indicare un pericolo generico. Pron. aé ppaura dé la gatta ’gnuda.

ae ppiù culo che annema

AÉ PPIÙ CÙLO CHE ÀNNEMA

(Avere  più fortuna che  abilità). È un modo di dire espresso in aretino stretto riferito a chiunque vadano bene le cose pur essendo notoriamente incapace. = infinito breve e sincopato di avere. [P]più = quando l’infinito è breve la r della desinenza si assimila alla consonante che immediatamente segue rp > pp. Cùlo = è sempre preferito a sedere. Ánnema = anima nel senso di bravura. Rispetto alla forma italiana quella aretina ha la geminazione di n e la i postonica che passa a e chiusa. Il passaggio i > é si ha sempre quando la i è preceduta da consonante doppia. Es: manico > mànneco. Pron. aé ppiù kuló ké annéma. 

aer' el culo de paglia

AÉR’EL CÙLO DE PÀGLIA

(Avere il sedere di paglia), cioè essere oltremodo suscettibili. Si dice di chiunque si infiamma per un nonnulla. Aer’ = infinito apocopato e sincopato di avere. El = tipico articolo aretino per il. Cùlo =  è sempre preferito a sedere. De = preposizione aretina per di. Pron. aér’él kuló dé paglia.

aer' el ruzzo

AÉR’EL RÙZZO


(Aver voglia di giocare). È una frase che i nostri nonni dicevano spesso ai loro figli, non più usata con la frequenza di un tempo. Aér = infinito apocopato e sincopato di avere. El = tipico articolo aretino per il. Rùzzo = deverbale da ruzzàre =  giocare, divertirsi. Pron. aér’él ruʑʑó.

aer' i fortori

AÉR’ I FORTÓRI


(Avere crampi allo stomaco). È un modo di dire espresso in aretino stretto. Si dice quando abbiamo lo stomaco in subbuglio  in genere legato a sensazione di acidità. Aér = infinito apocopato e sincopato di avere. Fortóri = derivato da forte nel senso di acido. Pron. aér’i fórtóri.

afogar' el mugnaio

AFOGÀR’ EL MUGNÀIO


(Affogare il mugnaio). È una frase che si usa in senso metaforico. Significa mettere più acqua del dovuto, di solito o nel fare la pasta in casa o la malta. Sembra che il modo di dire sia nato al tempo dei mulini ad acqua. Per azionare le macine occorreva aprire la saracinesca che dalla roggia portava l’acqua al mulino e a volte poteva succedere che, per qualche intoppo o qualche guasto, il mulino venisse allagato e il mugnaio morisse veramente affogato. Afogàr’ = affogare. La mancanza di una f è dovuta al fenomeno della degeminazione. El = tipico articolo aretino per il. Pron. afógar’él mugnaió.

aghiassar' el cane

AGHIASSÁR’EL CÁNE

(Incitare il cane ad assalire). È un modo di dire che viene dal lontano passato, ma ancora oggi molto usato. Aghiassàr’ =  pur essendo un termine dialettale, ha un’origine dotta essendo la trasfor mazione del latino ad = contro e iacere = lanciare. Ciò si spiega con il fatto che i vari dialetti italiani si sono formati contemporaneamente e che uno, il fiorentino illustre, ha poi costituito le basi della futura lingua italiana. Il gruppo ghia ha pronuncia occlusiva postpalatale sonora. El = tipico articolo aretino per il. Pron. aĝassar’él kané. [Nella scrittura con simboli la i non viene trascritta perché compresa nel suono ĝ].

a lanci

A LÀNCI

(A salti). Si dice di chi, magari scappando, fa grandi salti che non farebbe in una situazione normale. Lànci = deverbale da lanciare. Pron. a lanci.

a la riffela raffela

A LA RÌFFELA, RÀFFELA


(Chi prende prende). Era un modo di dire molto usato in passato, soprattutto da parte dei ragazzi. Rìffela, ràffela = sono diminutivi di riffa = lotteria, gioco di fortuna dove tutto è dovuto al caso. Pron. a la rifféla, rafféla.

al monte senza vin senza conforto

AL MÓNTE SÈNZA VÌN’ SÈNZA CONFÒRTO O PIÓV’ O TÌRA ’L VÈNTO O SÓN’A MÒRTO

(Al monte senza vino e senza conforto o piove o tira il vento o suona a morto). È un  modo di dire molto usato che, per una sorta di antico campanilismo, intende mettere in cattiva luce gli abitanti di questo paese. Mónte sènza vìn’ = Monte S. Savino, località a pochi chilometri da Arezzo. Són’ = suona. La o invece del dittongo italiano uo si spiega con il fatto che l’aretino, per le parole derivanti dal latino, è più conservativo e tende a mantenere la o originaria che assume suono chiuso: latino sonare > italiano suonare > aretino sonàre. Pron. al mónté sènza vin sènza cónfòrtó ó pióv’ó tira ’l vènt’ó són’a mòrtó.

alo aloe andemo via

ALÒ, ALÒE, ANDÉMO VIA CHE QUI UN ZE BÚSCA GNÈNTE


(Su, su andiamo via che qui non guadagnamo niente). La frase si usa in tutte le circostanze in cui è più vantaggioso andar via che restare. Alò = è qui usato come semplice esortazione. È la parola più  diffusa e più usata nel dialetto  aretino. Quando è ripetuta, spesso la seconda volta ha la e paragogica alò > alòe. Andémo = andiamo, è un congiuntivo esortativo. Il verbo andare ha in aretino una sua particolare coniugazione (per approfondimenti puoi consultare il libro I verbi nell’uso aretino dello stesso autore). Un ze = non si. Un è la tipica negazione aretina per non. Ze = si. La z di ze invece di se = si spiega con il fatto che in aretino i gruppi ls, ns, rs, sono sempre pronunciati lz, nz, rz . Bùsca  = guadagna. In aretino il verbo buscàre ha due significati o prender botte o guadagnare. Gnènte = niente. La n di niente in aretino ha suono laterale prepalatale, quindi si pronuncia come il suono italiano gn. Pron. alò, alòé, andémó via ké kui un zé buska gnènté [ńènté].